giovedì 5 aprile 2012

Siamo un popolo di Abbagnale

Il canottaggio è uno sport nobile che ha accompagnato tutta la storia dell’umanità. 

Già nelle pitture tombali egizie erano presenti scene di gare tra imbarcazioni a remi che sfrecciavano sul Nilo. Virgilio, nel libro V dell’Eneide (circa 700 a.C.) narra di una prima gara di canottaggio voluta da Enea per commemorare la morte del padre Anchise. Quattro imbarcazioni si sfidarono nel mare di Trapani ed in quell’occasione ebbe la meglio la barca “Scilla”.  Nel 260 a.C. il greco Polibio, nel libro I delle sue storie, racconta come i Romani per i trasporti via mare dovevano far continuo ricorso, con forti spese, a “canottieri” napoletani e tarantini
Grandi rematori furono, ovviamente, i genovesi e i veneziani. Questi ultimi, in particolare, diedero lustro alla disciplina tant’è che le cronache riportano che la prima competizione sotto forma di regata si tenne a Venezia nel 1315[1].

Il canottaggio approdò nell’era moderna grazie alla eco che ebbe nel corso degli anni, la gara “Oxford-Cambridge”, la conosciutissima sfida fra università inglesi.

Ora, date le premesse, qualcuno si aspetterebbe che in Italia il primo club di canottaggio nascesse, che so io, in una città marinara o in una città che affaccia su un golfo e invece, non fu così. 
Il 1888 fu allietato dalla nascita della Federazione Italiana Canottaggio, creata sulle rive del Po da alcune società torinesi, poi posto sotto la presidenza onoraria del Re Umberto di Savoia. 
Certo, il Po è il Grande Fiume ed il primato ci sta tutto. Ovviamente, quelli della Federazione se la suonavano e se la cantavano: il primo Campionato d’Italia venne disputato il 15 settembre 1889 sul Lago Maggiore, a Stresa, in acque piemontesi. I canottieri torinesi si aggiudicarono tutti e tre i titoli (4 con, singolo, 2 con). Nonostante gli sforzi, però, e qualche successo coronato da alcune medaglie olimpiche, il canottaggio non riusciva a decollare, non era neppure particolarmente seguito dagli italiani stessi ed era inesorabilmente destinato ad un lento declino. …..

E, invece, nel 1981, del tutto inaspettatamente il tempio del canottaggio “italiano” trovò delle nuove divinità nate in una famiglia di contadini di Pompei. Pensate un po’?! Quanto e strano, a volte, il destino.

Se il 1888 aveva dato i natali alla Federazione Italiana Canottaggio, sulle rive del Po, il 1988 rese leggenda il canottaggio “italiano” grazie ai fratelli Abbagnale.

La saga di questa inconsueta famiglia ebbe inizio nel 1981 ai Campionati del Mondo di Monaco di Baviera, dove Giuseppe, Carmine, ed il timoniere “Peppiniello”, vinsero l’oro. L’anno dopo a Lucerna vinsero ancora. Si seppe che essi si allenavano con mezzi quasi di fortuna ed in orari improponibili, perché la famiglia, proprietaria di un podere, esigeva che studiassero, aiutassero nel campo di fiori fonte di sostentamento della famiglia e solo dopo tutto questo concedeva loro la “distrazione” degli allenamenti che, comunque, dovevano restare un mero hobby subordinato agli studi[2].

Nonostante gli ostacoli, i timori per il futuro e la ricerca di un lavoro che potesse loro garantire un avvenire “sicuro” i fratelloni continuarono a inanellare successi. Il loro palmarès comprende due ori ed un argento alle Olimpiadi, e sette titoli mondiali conquistati tra il 1981 ed il 1991, più due secondi posti (’86, ’93) ed un terzo (’83): un bilancio semplicemente strepitoso. Fra l’altro, dopo il ritiro di Giuseppe, Carmine otterrà nel ‘94 una nuova vittoria nel 2con, assieme a Gioacchino Cascone, sotto la guida di Cirillo.

Tesserati per la Canottieri Stabia ed allenati dallo zio, Giuseppe La Mura - divenuto poi direttore tecnico della Federazione Italiana di Canottaggio - i fratelli Abbagnale dominano per un decennio la scena del canottaggio mondiale, portando questo sport, povero e poco conosciuto, alla ribalta mediatica. Memorabili sono le concitate telecronache delle loro vittorie ad opera di Giampiero Galeazzi, ma ancor più memorabili sono le gare vinte dai fratelloni negli anni.

Sicuramente, tra le tante, occorre ricordare la finale olimpica di Seoul 1988 quando l'equipaggio italiano vinse l'oro sconfiggendo il temuto armo inglese, composto da Sir Stephen Redgrave, considerato il più forte canottiere della storia, e Andy Holmes, che finirono addirittura in terza posizione preceduti dall'equipaggio della Germania Est.

Giochi Olimpici di Seul 1988: Carmine e Giuseppe Abbagnale vincono la loro seconda medaglia d’oro olimpica nel ‘due con’.

Giuseppe e Carmine Abbagnale, guidati dal timoniere Giuseppe Di Capua, e il loro fratello minore Agostino sono, oggi, unanimemente annoverati fra i più grandi canottieri di tutti i tempi, anche se forse, qualcuno vorrebbe dimenticarlo. Essi posero termine al lungo predominio della Repubblica Democratica Tedesca nella specialità del 2con e, nel contempo, all'oblio in cui era scivolato il canottaggio italiano dopo i Giochi Olimpici del 1968.

Immaginate ora che questa storia sia una metafora,
1)   che il canottaggio sia la nostra patria: il sud della penisola,
2)   che il periodo di oblio e di mortificanti sconfitte in cui lo sport era sprofondato dopo il 1968 siano gli ultimi 151 anni della nostra storia
3)  e immaginate, infine, che i fratelli Abbagnale siano il nostro popolo.....se ce l’hanno fatta loro contro tutti e tutto, allora possiamo farcela anche noi perchè come titolò la "Gazzetta dello Sport" il 26 Settembre 1988: Siamo un popolo di Abbagnale!!! 

Francesca Di Pascale 





[1]BREVE STORIA DEL CANOTTAGGIO” di Enrico Tonali
[2]I TRE FRATELLI ABBAGNALE” di Claudio Loreto

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