“Il termine Brigante è un termine la cui accezione è negativa di per sé ed è stato affibbiato a chi brigante non era.
Terrone, invece, è un termine dall’accezione originale non negativa, ma il cui significato è stato piegato e solo allora è stato poi affibbiato alle persone.
Quindi chi usa terrone lo usa in quanto lo prende in eredità da chi gliel’ha affibbiato dopo averne cambiato il significato e non lo fa usando l’originale accezione. Si sta quindi piegando a identificarsi con una falsa identità creata dal colonizzatore, dato che, alquanto ovvio, non lo avrebbe mai usato in caso contrario, visto che non tutti sono terroni nell’originale accezione, la quale non costituisce identità alcuna.
Mentre chi si auto-definisce Brigante lo fa con la cognizione di causa di chi sa che quell’appellativo fu dato ai patrioti della propria terra e lo fa quindi con l’animo di chi sente patriota nel cuore.
Insomma, due casi completamente diversi.” Vincenzo Russo
http://ilnapolitano.com/post/13629290883/il-termine-brigante-e-un-termine-la-cui-accezione

"Briganti" rappresenta il punto di incontro di chi vuole condurre una battaglia per il Sud. E’ il mezzo attraverso il quale trova voce chi vuole raccontare la nostra terra, la sua storia, i suoi problemi, le sue eccellenze, le sue prospettive politiche, sociali ed economiche. Se ami il Sud unisciti a noi.
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sabato 26 maggio 2012
NOI NON SIAMO TERRONI!
mercoledì 16 maggio 2012
Brano tratto da Terroni di Pino Aprile
Noi non sappiamo più chi fummo. Ed è accaduto come agli ebrei
travolti dall'Olocausto: molti scampati ai lager cominciarono a
domandarsi se il male che li aveva investiti non fosse in qualche modo
meritato.
Quando il danno è intollerabile, cercare una colpa, pur assurda, inesistente, che lo renda comprensibile (non giustificabile), diventa una via per non perdere la ragione.
Ed è accaduto che i meridionali abbiano fatto propri i pregiudizi di cui erano oggetto. E che, per un processo d'inversione della colpa, la vittima si sia addossata quella del carnefice. Succede quando il dolore della colpa che ci si attribuisce è più tollerabile del male subìto.
Così, la resistenza all'invasore, agli stupri, alla perdita dei beni, della vita, dell'identità, del proprio paese, è divenuta "vergogna".
Una mia cugina, dopo sei mesi al Nord, tornò per le ferie estive. Era cambiata: vestiva in modo più appariscente, esibiva un accento non suo, roteava stizzosamente le spalle, il mento puntuto e alto. Parlava malissimo dei meridionali, con astio rovente e ridicolo. < ma cosa " fanno" di così terribile? > le chiese mia madre, incuriosita. Lei tacque per lo stupore, si guardò intorno, come a cercare una risposta. Era sorpresa, o ci parve, dalla stupidità della domanda: c'era bisogno di una ragione per parlar male dei meridionali? Così, poverina, se ne uscì con una frase, lei "settentrionale da sei mesi", che la bollò per sempre, in famiglia < sporcano i monumenti >. Cosa le fosse accaduto, lo capii molto più tardi. < la lega è piena di meridionali figli > <sono i più convinti > Anche quella mia cugina è leghista. Perchè?
Chi emigra, abbandona una comunità e una terra che figurano deboli e perdenti e mira a radicarsi in un altrove che appare forte e vincente: l'emigrato non appartiene più alla sua gente, e non ancora all'altra (così crede). In cerca di identità, non può che scegliere, lui sradicato e sospeso, la più forte. E questa sua nuova appartenenza è tanto più certa, quanto maggiore è la distanza che frappone fra ciò che era e ciò che vuole essere.
Quando il carnefice ti toglie tutto, l'unico punto di riferimento che ti rimane è il carnefice. Lo imiti
Quando il danno è intollerabile, cercare una colpa, pur assurda, inesistente, che lo renda comprensibile (non giustificabile), diventa una via per non perdere la ragione.
Ed è accaduto che i meridionali abbiano fatto propri i pregiudizi di cui erano oggetto. E che, per un processo d'inversione della colpa, la vittima si sia addossata quella del carnefice. Succede quando il dolore della colpa che ci si attribuisce è più tollerabile del male subìto.
Così, la resistenza all'invasore, agli stupri, alla perdita dei beni, della vita, dell'identità, del proprio paese, è divenuta "vergogna".
Una mia cugina, dopo sei mesi al Nord, tornò per le ferie estive. Era cambiata: vestiva in modo più appariscente, esibiva un accento non suo, roteava stizzosamente le spalle, il mento puntuto e alto. Parlava malissimo dei meridionali, con astio rovente e ridicolo. < ma cosa " fanno" di così terribile? > le chiese mia madre, incuriosita. Lei tacque per lo stupore, si guardò intorno, come a cercare una risposta. Era sorpresa, o ci parve, dalla stupidità della domanda: c'era bisogno di una ragione per parlar male dei meridionali? Così, poverina, se ne uscì con una frase, lei "settentrionale da sei mesi", che la bollò per sempre, in famiglia < sporcano i monumenti >. Cosa le fosse accaduto, lo capii molto più tardi. < la lega è piena di meridionali figli > <sono i più convinti > Anche quella mia cugina è leghista. Perchè?
Chi emigra, abbandona una comunità e una terra che figurano deboli e perdenti e mira a radicarsi in un altrove che appare forte e vincente: l'emigrato non appartiene più alla sua gente, e non ancora all'altra (così crede). In cerca di identità, non può che scegliere, lui sradicato e sospeso, la più forte. E questa sua nuova appartenenza è tanto più certa, quanto maggiore è la distanza che frappone fra ciò che era e ciò che vuole essere.
Quando il carnefice ti toglie tutto, l'unico punto di riferimento che ti rimane è il carnefice. Lo imiti
mercoledì 25 aprile 2012
Io non sapevo.
Io non sapevo che i piemontesi fecero del Sud quello che i nazisti fecero a Marzabotto. Ma tante volte, per anni. E cancellarono per sempre molti paesi, in operazioni “anti-terrorismo”, come i marines in Iraq. Non sapevo che nelle rappresaglie si concedessero libertà di stupro sulle donne meridionali, come nei Balcani durante il conflitto etnico; o come i marocchini delle truppe francesi, in Ciociaria, nell’invasione, da Sud, per redimere l’Italia dal fascismo (ogni volta che viene liberato il Mezzogiorno ci rimette qualcosa). Ignoravo che, in nome dell’Unità nazionale, i fratelli d’Italia ebbero pure diritto di saccheggio delle città meridionali, come i Lanzichenecchi a Roma. E che praticarono la tortura, come i marines ad Abu Ghraib, i francesi in Algeria, Pinochet in Cile. Non sapevo che in Parlamento, a Torino, un deputato ex garibaldino paragonò la ferocia e le stragi piemontesi al Sud a quelle di “Tamerlano, Gengis Khan e Attila”. Un altro preferì tacere “rivelazioni di cui l’Europa potrebbe inorridire”. E Garibaldi parlò di “cose da cloaca”. Né che si incarcerarono i meridionali senza accusa, senza processo e senza condanna, come è accaduto con gl’islamici a Guantànamo. Lì qualche centinaio, terroristi per definizione, perché musulmani; da noi centinaia di migliaia, briganti per definizione, perché meridionali. E, se bambini, briganti precoci; se donne, brigantesse o mogli, figlie, di briganti; o consanguinei di briganti (sino al terzo grado di parentela); o persino solo paesani o sospetti tali. Tutto a norma di legge, si capisce, come in Sudafrica, con l’apartheid.Io credevo che i briganti fossero proprio briganti, non anche ex soldati borbonici e patrioti alla guerriglia per difendere il proprio paese invaso. Non sapevo che il paesaggio del Sud divenne come quello del Kosovo, con fucilazioni in massa, fosse comuni, paesi che bruciavano sulle colline e colonne di decine di migliaia di profughi in marcia. Non volevo credere che i primi campi di concentramento e sterminio in Europa li istituirono gli italiani del Nord, per tormentare e farvi morire gli italiani del Sud, a migliaia, forse decine di migliaia (non si sa, perché li squagliavano nella calce), come nell’Unione Sovietica di Stalin. Ignoravo che il ministero degli Esteri dell’Italia unita cercò per anni “una landa desolata” fra Patagonia, Borneo e altri sperduti lidi, per deportarvi i meridionali e annientarli lontano da occhi indiscreti. Né sapevo che i fratelli d’Italia arrivati dal Nord svuotarono le ricche banche meridionali, regge, musei, case private (rubando persino le posate), per pagare i debiti del Piemonte e costituire immensi patrimoni privati. Non sapevo che, a Italia così unificata, imposero una tassa aggiuntiva ai meridionali, per pagare le spese della guerra di conquista del Sud, fatta senza nemmeno dichiararla. Né sapevo che il regno delle Due Sicilie fosse, fino al momento dell’aggressione, uno dei paesi più industrializzati del mondo (terzo, dopo Inghilterra e Francia, prima di essere invaso). Non potevo immaginare che l’Italia unita facesse pagare più tasse a chi stentava e moriva di malaria nelle caverne dei sassi di Matera, rispetto ai proprietari delle ville sul lago di Como. (da Terroni di P. Aprile)
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