mercoledì 29 agosto 2012

Squillace non è Faenza


Squillace è un piccolo comune in provincia di Catanzaro, poco più grande di 30 Kmq e con appena 3500 abitanti. Ha un borgo antico che si sviluppa attorno ai ruderi di un castello veramente notevole e, ben poco altro. 
Il mare della Marina, invece, è bellissimo, limpido e calmo.

Arrivare a Squillace vuol dire viaggiare attraverso rigogliose colline coltivate ordinatamente ad ulivi e agrumi. Di tanto in tanto, ti trovi dinanzi ai ruderi di una vecchia masseria e fai un tutto nel passato, poi, intercetti una distesa di pale eoliche, oppure un mostro architettonico che stride fortemente con il bucolico contesto e ritorni alla realtà.

Castello di Squillace -
 in ricordo del processo
a Tommaso Campanella
Passeggiando per il borgo scopri che nel Castello di Squillace, nel 1599, fu processato per eresia e congiura alla presenza del vescovo Sirleto il filosofo Tommaso Campanella e che sulle stradine si aprono alcune piccole botteghe artigiane dove vengono realizzate delle ceramiche molto particolari con una lavorazione opaca, bianca su fondo color terracotta che ricorda alcuni vetri pompeiani.
La ceramica di Squillace
Un po’ ti stupisci del fatto che in un paesino così piccolo, arroccato su una collina, si possegga una tale maestria e perizia artigianale e, soprattutto ti chiedi perché hai tanto sentito parlare delle ceramiche di Faenza e di quelle di Montepulciano e mai di quelle di Squillace. 

Foglio n° 6431 del Catasto Onciario
Passando dinanzi ad una delle botteghe, leggi in una teca alcuni documenti storici e scopri che nel 1756 al foglio n° 6431 del Catasto Onciario* di Napoli, per il distretto di Squillace, erano iscritti ben 31 ceramisti, di cui 10 fajenzari e 21 maestri pignatari. I fajenzari si dedicavano  alla produzione delle “ faenze “ ovvero delle terrecotte più nobili, mentre i pignatari producevano vasellame di uso comune. Quanto, poi, diffusa e apprezzata fosse l’arte della ceramica squillacese lo dimostra la copia di un atto notarile datato 11.1.1753, nel quale il priore del convento dei Carmelitani Scalzi di S. Teresa in Cosenza commissiona a Maestro Paolo Sestito ed i suoi fratelli “10.000 rigiole non stagnate.....per un prezzo di ducati 200”.

Atto Notarile del 1753
Spulciando notizie sull’argomento, scopri che la tecnica utilizzata dai ceramisti di Squillace è di origine bizantina e che nel 1489, il Re di Napoli Alfonso d’Aragona visitò il Castello di Squillace e ordinò un’artistica anfora che riproduceva il ritratto di Alfonso, duca di Calabria e l’aquila reale degli aragonesi che sarebbe stata battuta a Firenze nell’asta Sotheby’s del 12 maggio 1982. Scopri ancora che le manifatture squillacesi antiche sono conservate presso alcune collezioni private e in alcuni famosi musei: Museo di  Capodimonte di Napoli,  Museo Duca di Martina alla Villa Floridiana di Napoli , Museo civico di Rovereto, Collezione Arcoleo di  Palermo, Victoria and Albert Museum di Londra, British Museum di Londra,  Rohsska Konstslojmuseet di Goteborg, Metropolitan Museum of art di  New York, Musee du Petit Palais di Parigi, Museo internazionale delle ceramiche di Faenza, Museo della ceramica di Sevres.

A questo punto ti chiedi: come mai le promesse di grandezza di questo paesino e del suo comprensorio sono state disattese? Perché non è divenuto un polo di eccellenza? Come mai le 15 fornaci operanti nel 1756 non sono più alimentate, sono spente, sempre che ancora esistono? Perché questo paese che nel 1489 si meritò la visita di Alfonso D’Aragona e che era attivo e produttivo, oggi è abitato da fantasmi e da vecchi? Cosa è accaduto?

La risposta, sembrerà banale, ma è sempre la stessa: è arrivato il 1861 e l’unità d’Italia è stata fatta!!!!

 Francesca Di Pascale - Briganti


* Il Catasto onciario, precursore degli odierni catasti, fu voluto da re Carlo di Borbone nella prima metà del XVIII secolo per il riordino fiscale del regno e fu uno strumento utile ad eliminare i privilegi goduti dalle classi più abbienti che facevano gravare i tributi fiscali sempre sulle classi più umili e di fatto rappresenta uno dei più brillanti esempi del tempo di ingegneria finanziaria e di ripartizione proporzionale del peso fiscale.Si chiamò Onciario perché la valutazione dei patrimoni terrieri veniva stimato in once, una misura di monete molto antica corrispondente a sei ducati. È chiaro come un meccanismo volutamente semplice poteva assicurare un prelievo fiscale generalizzato ed accertamenti molto rapidi – Fonte Wikipedia

venerdì 3 agosto 2012

Garibaldi e la Legione Ungherese


Con il decreto n° 100 del 16 luglio 1860, Giuseppe Garibaldi, comandante in capo delle Forze Nazionali in Sicilia, autorizza sè stesso a costituire una Legione Ungherese composta di fanteria e cavalleria affinchè partecipasse attivamente alla “conquista” del Regno delle Due Sicilie.

Il brigante Alessandro Arena ci fornisce copia del decreto  n° 100 del 16 luglio 1860 che potete visionare in allegato.

 Regio decreto n° 100 del 16 luglio 1860 

Riportiamo, inoltre, i riferimenti di alcuni tra i soldati che combatterono in questa legione.
·         István Türr  (Baja10 agosto 1825 – Budapest3 maggio 1908), fu scelto da Garibaldi quale governatore di Napoli e svolse un certo ruolo nella preparazione e nello svolgimento del plebiscito del 21 ottobre 1860 (http://it.wikipedia.org/wiki/Stefano_Turr)
·         Lajos Tüköry de Algyest (Körösladány9 settembre 1830 – Palermo6 luglio 1860), comandò l'avanguardia che diede l'attacco alla città di Palermo il 27 maggio 1860 (http://it.wikipedia.org/wiki/Lajos_T%C3%BCk%C3%B6ry)
István Türr

La legione Ungherese fu coinvolta nelle peggiori atrocità commesse durante l’invasione del Regno delle Due Sicilie; ebbe parte attiva nelle stragi di Auletta, di Montemiletto e Montefalcione e fu utilizzata per incendiare paesi e fucilare all’istante chi veniva trovato con le armi in pugno.
I soldati della Legione Ungherese, per le atrocità commesse nella risalita del Regno, possono essere paragonati ai contingenti marocchini durante la seconda guerra mondiale.
Lajos Tüköry de Algyest


Questo brano è scritto ad uso e consumo di chi crede ancora che l’Unità d’Italia sia stata fatta grazie all’avanzata pacifica ed indisturbata di 1000 valorosi in camicia rossa guidati dal generale alto biondo e dal bianco destriero.



Francesca Di Pascale - Briganti