Tristemente note sono le
lettere scritte nel 1851 dal politico conservatore inglese William
Gladstone, nelle quali egli, dicendo di aver visitato alcuni
penitenziari napoletani, raccontava di essere rimasto scioccato dalle
condizioni in cui versavano i detenuti. Per Gladstone, lo stato
borbonico si presentava in una terribile situazione sociale; in
particolare egli si espresse con tali dure parole:
Nonostante le accuse di Gladstone suscitarono immediatamente forti dubbi ed ebbero diversi tentativi di confutazione in Italia ed in Europa, i suoi assunti ebbero larga eco in tutto il continente, contribuendo enormemente al sentimento antiborbonico e filorisorgimentale.
Già nel 1852, però, Gladstone ritrattò alcune delle sue affermazioni ed ammise di essere stato in parte abbindolato; nel 1863, rivelò in parlamento di aver costruito le proprie dichiarazioni sulla base delle tesi sostenute da alcuni degli esponenti liberali napoletani. Infine, tornato a Napoli tra il 1888 e il 1889, confessò di non essere mai stato in alcun carcere e di aver scritto le due missive dietro incarico di lord Palmerston, confermando, quindi, che i suoi assunti erano basati sulle affermazioni dei politici antiborbonici.
Molto poco noto, invece, è un discorso tenuto il giorno 8 maggio 1863, da un altro politico inglese, Henry Lennox, che denunciò al parlamento britannico, la terribile condizione in cui versavano i penitenziari meridionali in seguito all'Unità d'Italia.
Nel 1863, Lord Henry Lennox, per sua stessa ammissione, convinto sostenitore di Vittorio Emanuele II di Savoia, visitò, autorizzato dal Generale La Marmora, alcune carceri campane e, fatto ritorno in patria, espose le impressioni ricavate dalla sua visita alla camera dei comuni. Ciò che il politico britannico si trovò davanti agli occhi, lo spinse a dubitare della veridicità delle decantate condizioni di giustizia e libertà in cui avrebbe dovuto versare lo Stato unitario. Egli criticò aspramente il nuovo governo sottolineando come qualsiasi voce dissidente fosse immediatamente messa a tacere attraverso un sistema di arresti arbitrari che contemplavano l'incarcerazione senza processo.
Per il carcere partenopeo di Santa Maria Apparente, Lennox dovette constatare che, in quel penitenziario, erano reclusi, da oltre 18-24 mesi, uomini, ritenuti rivoluzionari, che erano stati arrestati ed imprigionati senza mai aver subito un interrogatorio, senza mai essere stati processati e senza che fosse stato loro formalizzato alcun capo d'imputazione. Egli notò come molti detenuti "politici", più che avere l'aspetto di pericolosi rivoluzionari, apparissero come sventurati di umili condizioni e spesso in là con gli anni; riportò inoltre, che le numerose petizioni che richiedevano lo svolgimento dei processi per questi detenuti, una volta inviate a Torino, venivano puntualmente ignorate.
La situazione registrata al carcere della Concordia apparve, agli occhi del Lennox, ben più grave: gli accusati di reati politici erano detenuti in condizioni promiscue con i criminali comuni, tra i quali vi era, finanche, un omicida; tra i detenuti politici, invece, vi erano anche religiosi, anch'essi prelevati dai propri domicili ed imprigionati senza processo e imputazione di capo d'accusa. Nelle carceri femminili, invece, le donne accusate di reati politici erano detenute promiscuamente con le prostitute e le criminali comuni. Della visita al penitenziario femminile di Santa Maria ad Agnone, Lennox riporta il caso delle sorelle Francesca, Carolina, e Raffaella Avitabile, detenute da 22 mesi perché accusate di aver esposto alla finestra della loro abitazione il vessillo delle Due Sicilie.
Spostatosi su Salerno, invece, le condizioni dei detenuti apparvero drammatiche. Il direttore del carcere riferì di un sovraffollamento del suo penitenziario: il numero dei detenuti, 1359 persone, era più che doppio rispetto alla capacità massima della struttura (650 detenuti); ciò aveva comportato lo scoppio di una epidemia di febbre tifoide, che, solo nell'ultima settimana, aveva ucciso, oltre che diversi detenuti, anche il medico della prigione ed un secondino. In una prima cella erano stipate oltre 25 persone, tra civili sospettati di reati politici, religiosi e delinquenti comuni. In un altro locale, trascorrevano la loro intera giornata, fatta salva l'ora d'aria in cortile, 157 uomini, sempre promiscuamente detenuti. Squallore e sporcizia, ancora, erano evidenti in un altro stanzone che conteneva 230 prigionieri in misere condizioni: gli abiti di costoro erano talmente logori, che taluni di essi rasentavano la nudità. A parere di Lennox, il cibo portato ai prigionieri era tale che, in Inghilterra, non sarebbe stato dato in pasto neanche agli animali.
Con circa 1200 prigionieri, anche il carcere della Vicaria era sovraffollato, contenendo circa il doppio dei detenuti di cui era capace, dei quali molti erano ancora in attesa di processo. Il grosso di essi era stipato in 5 stanzoni intercomunicanti in pessime condizioni di igiene. Inoltre, non veniva garantito il necessario grado di sicurezza, poiché, rispetto alla mole di detenuti, il personale di sorveglianza era insufficiente.
Lennox, sostenendo che l'Italia unita doveva la sua esistenza all'Inghilterra, affermò che all'Inghilterra era necessario denunciare tali barbare atrocità: un intervento di Londra avrebbe evitato che la condizione delle popolazioni meridionali, vittime di feroci crudeltà e sovraccaricate da una pesante imposizione fiscale, peggiorasse ulteriormente; avrebbe evitato che una splendida terra fosse lasciata in preda al peggior dispotismo e alle più esasperante sofferenze. In particolare egli invitò Gladstone, che fu così pronto a riferire delle carceri borboniche, a non restare immobile e a farsi portatore anche delle istanze di questi detenuti. Naturalmente ciò non avvenne mai.
Per approfondire: Italy in 1863. Speech Delivered by Lord Henry Gordon Lennox.
AnTuDo
[Bart]
« Non descrivo severità accidentali, ma la violazione incessante, sistematica, premeditata delle leggi umane e divine; la persecuzione della virtù, quand'è congiunta a intelligenza, la profanazione della religione, la violazione di ogni morale, sospinte da paure e vendette, la prostituzione della magistratura per condannare uomini i più virtuosi ed elevati e intelligenti e distinti e culti; un vile selvaggio sistema di torture fisiche e morali. Effetto di tutto questo è il rovesciamento di ogni idea sociale, è la negazione di Dio eretta a sistema di governo. »
Nonostante le accuse di Gladstone suscitarono immediatamente forti dubbi ed ebbero diversi tentativi di confutazione in Italia ed in Europa, i suoi assunti ebbero larga eco in tutto il continente, contribuendo enormemente al sentimento antiborbonico e filorisorgimentale.
Già nel 1852, però, Gladstone ritrattò alcune delle sue affermazioni ed ammise di essere stato in parte abbindolato; nel 1863, rivelò in parlamento di aver costruito le proprie dichiarazioni sulla base delle tesi sostenute da alcuni degli esponenti liberali napoletani. Infine, tornato a Napoli tra il 1888 e il 1889, confessò di non essere mai stato in alcun carcere e di aver scritto le due missive dietro incarico di lord Palmerston, confermando, quindi, che i suoi assunti erano basati sulle affermazioni dei politici antiborbonici.
Molto poco noto, invece, è un discorso tenuto il giorno 8 maggio 1863, da un altro politico inglese, Henry Lennox, che denunciò al parlamento britannico, la terribile condizione in cui versavano i penitenziari meridionali in seguito all'Unità d'Italia.
Nel 1863, Lord Henry Lennox, per sua stessa ammissione, convinto sostenitore di Vittorio Emanuele II di Savoia, visitò, autorizzato dal Generale La Marmora, alcune carceri campane e, fatto ritorno in patria, espose le impressioni ricavate dalla sua visita alla camera dei comuni. Ciò che il politico britannico si trovò davanti agli occhi, lo spinse a dubitare della veridicità delle decantate condizioni di giustizia e libertà in cui avrebbe dovuto versare lo Stato unitario. Egli criticò aspramente il nuovo governo sottolineando come qualsiasi voce dissidente fosse immediatamente messa a tacere attraverso un sistema di arresti arbitrari che contemplavano l'incarcerazione senza processo.
« Nel sud del regno, è stato inaugurato un sistema di sangue, al quale deve essere posto un limite. »
(Cavendish Bentinck, deputato inglese, in un suo intervento alla camera dei comuni l'8 maggio 1863.)
Per il carcere partenopeo di Santa Maria Apparente, Lennox dovette constatare che, in quel penitenziario, erano reclusi, da oltre 18-24 mesi, uomini, ritenuti rivoluzionari, che erano stati arrestati ed imprigionati senza mai aver subito un interrogatorio, senza mai essere stati processati e senza che fosse stato loro formalizzato alcun capo d'imputazione. Egli notò come molti detenuti "politici", più che avere l'aspetto di pericolosi rivoluzionari, apparissero come sventurati di umili condizioni e spesso in là con gli anni; riportò inoltre, che le numerose petizioni che richiedevano lo svolgimento dei processi per questi detenuti, una volta inviate a Torino, venivano puntualmente ignorate.
La situazione registrata al carcere della Concordia apparve, agli occhi del Lennox, ben più grave: gli accusati di reati politici erano detenuti in condizioni promiscue con i criminali comuni, tra i quali vi era, finanche, un omicida; tra i detenuti politici, invece, vi erano anche religiosi, anch'essi prelevati dai propri domicili ed imprigionati senza processo e imputazione di capo d'accusa. Nelle carceri femminili, invece, le donne accusate di reati politici erano detenute promiscuamente con le prostitute e le criminali comuni. Della visita al penitenziario femminile di Santa Maria ad Agnone, Lennox riporta il caso delle sorelle Francesca, Carolina, e Raffaella Avitabile, detenute da 22 mesi perché accusate di aver esposto alla finestra della loro abitazione il vessillo delle Due Sicilie.
Spostatosi su Salerno, invece, le condizioni dei detenuti apparvero drammatiche. Il direttore del carcere riferì di un sovraffollamento del suo penitenziario: il numero dei detenuti, 1359 persone, era più che doppio rispetto alla capacità massima della struttura (650 detenuti); ciò aveva comportato lo scoppio di una epidemia di febbre tifoide, che, solo nell'ultima settimana, aveva ucciso, oltre che diversi detenuti, anche il medico della prigione ed un secondino. In una prima cella erano stipate oltre 25 persone, tra civili sospettati di reati politici, religiosi e delinquenti comuni. In un altro locale, trascorrevano la loro intera giornata, fatta salva l'ora d'aria in cortile, 157 uomini, sempre promiscuamente detenuti. Squallore e sporcizia, ancora, erano evidenti in un altro stanzone che conteneva 230 prigionieri in misere condizioni: gli abiti di costoro erano talmente logori, che taluni di essi rasentavano la nudità. A parere di Lennox, il cibo portato ai prigionieri era tale che, in Inghilterra, non sarebbe stato dato in pasto neanche agli animali.
Con circa 1200 prigionieri, anche il carcere della Vicaria era sovraffollato, contenendo circa il doppio dei detenuti di cui era capace, dei quali molti erano ancora in attesa di processo. Il grosso di essi era stipato in 5 stanzoni intercomunicanti in pessime condizioni di igiene. Inoltre, non veniva garantito il necessario grado di sicurezza, poiché, rispetto alla mole di detenuti, il personale di sorveglianza era insufficiente.
Lennox, sostenendo che l'Italia unita doveva la sua esistenza all'Inghilterra, affermò che all'Inghilterra era necessario denunciare tali barbare atrocità: un intervento di Londra avrebbe evitato che la condizione delle popolazioni meridionali, vittime di feroci crudeltà e sovraccaricate da una pesante imposizione fiscale, peggiorasse ulteriormente; avrebbe evitato che una splendida terra fosse lasciata in preda al peggior dispotismo e alle più esasperante sofferenze. In particolare egli invitò Gladstone, che fu così pronto a riferire delle carceri borboniche, a non restare immobile e a farsi portatore anche delle istanze di questi detenuti. Naturalmente ciò non avvenne mai.
Per approfondire: Italy in 1863. Speech Delivered by Lord Henry Gordon Lennox.
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