domenica 24 febbraio 2013

Le Edicole Sacre di Napoli

Da oggi inizia una nuova collaborazione con Briganti.Rosario Ciuccio, esperto e "scovatore" di opere d'arte ormai abbandonate e sconosciute, ci invia il suo primo "pezzo" dedicato alle Edicole Sacre di Napoli.



Il centro storico di Napoli, con i suoi 1700 ettari di superficie, è il più vasto d’Europa. Attraverso le sue cattedrali, i suoi reperti archeologici, le sue regge, le sue piccole - ma non per questo meno importanti - opere d’arte, racconta il viaggio di una città che ha visto ben diciassette dominazioni straniere, altrettante rivolte popolari, eruzioni vulcaniche, rivoluzioni e terremoti.
Vi parlerò in particolare di quelle piccole grandi opere d’arte che costellano ogni piazza, ogni angolo, ogni vicolo del centro della città, vi parlerò delle Edicole Sacre di Napoli.
Esse raccontano le vicende quotidiane di un popolo profondamente religioso: considerate per troppo tempo solo un fenomeno religioso secondario, tali strutture stanno ritornando lentamente alla ribalta della critica antropologica; finite nell’oblio, le loro radici sono da ricondurre all’epoca greca, per poi attraversare tenacemente le grandi persecuzioni cristiane e i tabù dei tribunali ecclesiastici.
Le edicole votive, nate sotto forma di devozioni private e popolari, sono molte centinaia: angeli, santi e madonne, dipinti in raffinate nicchie ovali, rettangolari a tempio, oppure vere e proprie sculture presenti in quello stesso punto, da tempi immemorabili. Molte di esse sono anche sproporzionatamente grandi, costituendo delle vere e proprie pseudo-cappelle, come ad esempio nel caso dell’Edicola del Salvatore in via Trinità Maggiore, nei pressi della chiesa di Sant’Anna dei Lombardi a Monteoliveto. Il primo libro sull’argomento risale al 1978: Lo Spazio Sacro. Per un’analisi della religione popolare napoletana; un testo che elencò per lo più quelle aree sacre presenti nel popolare rione di Montesanto, non lontano dalla ben più famosa via Toledo.
Le Edicole votive possono essere esaminate da un punto di vista di differenziazioni sociali, ambientali, artistiche, nonché per l’avvicendarsi attorno ad esse, di credenze e superstizioni che possono essere ancor oggi percepibili nella cultura popolare napoletana. Eppure tutto questo non è bastato a far sì che le istituzioni prendessero seriamente a cuore la questione di questi gioielli dimenticati, veri e propri figli dell’Oro di Napoli. Quei gioielli che oggi, più che mai, rischiano di finire nel dimenticatoio considerato che, l’incuria, ne sta cancellando lentamente le tracce. Il Comune di Napoli non possiede ancora un adeguato piano di salvaguardia, tutela e fruizione di tali strutture che molto spesso portano anche la firma di artisti del calibro di Mattia Preti e Luca Giordano; nonostante quei numerosi avvisi e rimproveri da parte dell’Unesco, in quanto ogni singola pietra del centro storico di Napoli è un patrimonio da salvaguardare e tutelare, non solo per i napoletani, non solo per gli italiani, ma per l’umanità intera. Il centro storico di Napoli è stato a tal proposito dichiarato patrimonio mondiale dell’umanità nell’oramai lontano 1995, con la seguente motivazione:
“Si tratta di una delle più antiche città d'Europa, il cui tessuto urbano contemporaneo conserva gli elementi della sua storia ricca di avvenimenti. I tracciati delle sue strade, la ricchezza dei suoi edifici storici caratterizzanti epoche diverse conferiscono al sito un valore universale senza uguali, che ha esercitato una profonda influenza su gran parte dell'Europa e aldilà dei confini di questa.”
Parole che dovrebbero essere prese alla lettera, parole che dimostrano che ogni singola chiesa, castello, reggia, edicola sacra di una città vecchia di 3000 anni, è un testimone di civiltà, arte e cultura da preservare ai posteri.




Rosario Ciuccio


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