In Principato Citra, le prime insurrezioni armate a carattere antiunitario ed indipendentista
scoppiarono nell'autunno-inverno del 1860, in concomitanza con le
grandi sollevazioni popolari che interessarono il Principato Ultra, la
Terra di Lavoro ed il Molise.
I primi comuni ad insorgere furono San Gregorio Magno, Buccino, Ricigliano e Valva, nonostante, il 23 settembre 1860, il governatore della provincia, Giovanni Matina, avesse intimato la consegna, entro le ventiquattro ore dalla pubblicazione dell'ordinanza, "di armi, munizioni e oggetti materiali da guerra qualsiensi, già appartenenti all'esercito borbonico". I trasgressori sarebbero stati giudicati dal consiglio di guerra. L'ordine del governatore fu ignorato da molti.
Difatti, il successivo 24 ottobre, un folto gruppo di popolani armati penetrò nel municipio di San Gregorio Magno: i ribelli si introdussero nelle stanze dove si stavano svolgendo le votazioni del plebiscito d'annessione al Regno d'Italia e, dopo aver messo in fuga i presenti, asportarono le urne. Lo stesso giorno, a Buccino, "una moltitudine di contadini", brandendo scuri, roncole e schioppi, marciò sul paese. A Palomonte, gli insorti penetrarono nella sede comunale mettendola a soqquadro. A Ricigliano, il 21 ottobre, verso il tramonto, i popolani assaltarono il posto di guardia dei "nazionali" requisendo diversi fucili. Gli insorti, così, penetrarono nella cancelleria comunale, portarono via le urne e le schede elettorali, appiccando il fuoco alla stanza. Ricigliano rimase sotto l'amministrazione dei ribelli per cinque giorni; l'arrivo di militi da fuori paese riportò la cittadina in mano alle forze filosabaude. La notte del 23 ottobre, un gruppo di ex militari dell'Esercito delle Due Sicilie, originari di Valva, Calabritto e Quaglietta, entrò nell'abitato di Valva, disarmò gli esponenti liberali e assunse il governo della cittadina. All'alba del giorno successivo, un centinaio di guardie nazionali, provenienti da Contursi, avviò la controffensiva. Dopo una tenace resistenza, gli insorti ebbero la peggio. Riconquistato il paese, i nazionali, ai quali si unirono alcuni banditi in precedenza schierati con i ribelli, lo saccheggiarono, non risparmiando neanche il castello, dal quale furono asportate opere d'arte e oggetti di valore.
Il 13 gennaio 1861, una folla tumultuante, guidata dal sacerdote Donato Maria Verrioli, disarmò la guardia nazionale di Acerno, prendendo il controllo del paese. Il 31 marzo 1861, al grido di "abbasso Vittorio Emanuele", fu distrutto un busto di gesso del monarca sabaudo posto nella cancelleria comunale di Furore. Il comune di Serre insorse il 7 luglio 1861: durante la sommossa popolare, i rivoltosi si scagliarono contro i liberali del paese. Per tale episodio insurrezionale, la Corte di Assise di Salerno comminò quattro condanne a 16 anni di lavori forzati e due condanne a 10 anni di carcere. La popolazione di Salvitelle insorse la sera del 27 luglio 1861. Inneggiando a Francesco II, i popolani requisirono armi in casa del sindaco e del comandante dei nazionali. La rivolta fu sedata dalle truppe sabaude provenienti da Sala: una trentina di ribelli fu tratta in arresto.
Nel gennaio 1863, a Montecorvino Rovella, furono inalberate 4 bandiere del Regno delle Due Sicilie in contrada Scavata. Inoltre, su diversi muri del paese furono affissi cartelli con la scritta:
Come conseguenza di tali atti di ribellione, furono ordinati, dalle autorità liberali, perquisizioni domiciliari a tappeto, al fine di individuare e punire i responsabili.
Glossario:
Fonte:
[bart]
I primi comuni ad insorgere furono San Gregorio Magno, Buccino, Ricigliano e Valva, nonostante, il 23 settembre 1860, il governatore della provincia, Giovanni Matina, avesse intimato la consegna, entro le ventiquattro ore dalla pubblicazione dell'ordinanza, "di armi, munizioni e oggetti materiali da guerra qualsiensi, già appartenenti all'esercito borbonico". I trasgressori sarebbero stati giudicati dal consiglio di guerra. L'ordine del governatore fu ignorato da molti.
Difatti, il successivo 24 ottobre, un folto gruppo di popolani armati penetrò nel municipio di San Gregorio Magno: i ribelli si introdussero nelle stanze dove si stavano svolgendo le votazioni del plebiscito d'annessione al Regno d'Italia e, dopo aver messo in fuga i presenti, asportarono le urne. Lo stesso giorno, a Buccino, "una moltitudine di contadini", brandendo scuri, roncole e schioppi, marciò sul paese. A Palomonte, gli insorti penetrarono nella sede comunale mettendola a soqquadro. A Ricigliano, il 21 ottobre, verso il tramonto, i popolani assaltarono il posto di guardia dei "nazionali" requisendo diversi fucili. Gli insorti, così, penetrarono nella cancelleria comunale, portarono via le urne e le schede elettorali, appiccando il fuoco alla stanza. Ricigliano rimase sotto l'amministrazione dei ribelli per cinque giorni; l'arrivo di militi da fuori paese riportò la cittadina in mano alle forze filosabaude. La notte del 23 ottobre, un gruppo di ex militari dell'Esercito delle Due Sicilie, originari di Valva, Calabritto e Quaglietta, entrò nell'abitato di Valva, disarmò gli esponenti liberali e assunse il governo della cittadina. All'alba del giorno successivo, un centinaio di guardie nazionali, provenienti da Contursi, avviò la controffensiva. Dopo una tenace resistenza, gli insorti ebbero la peggio. Riconquistato il paese, i nazionali, ai quali si unirono alcuni banditi in precedenza schierati con i ribelli, lo saccheggiarono, non risparmiando neanche il castello, dal quale furono asportate opere d'arte e oggetti di valore.
Il 13 gennaio 1861, una folla tumultuante, guidata dal sacerdote Donato Maria Verrioli, disarmò la guardia nazionale di Acerno, prendendo il controllo del paese. Il 31 marzo 1861, al grido di "abbasso Vittorio Emanuele", fu distrutto un busto di gesso del monarca sabaudo posto nella cancelleria comunale di Furore. Il comune di Serre insorse il 7 luglio 1861: durante la sommossa popolare, i rivoltosi si scagliarono contro i liberali del paese. Per tale episodio insurrezionale, la Corte di Assise di Salerno comminò quattro condanne a 16 anni di lavori forzati e due condanne a 10 anni di carcere. La popolazione di Salvitelle insorse la sera del 27 luglio 1861. Inneggiando a Francesco II, i popolani requisirono armi in casa del sindaco e del comandante dei nazionali. La rivolta fu sedata dalle truppe sabaude provenienti da Sala: una trentina di ribelli fu tratta in arresto.
Nel gennaio 1863, a Montecorvino Rovella, furono inalberate 4 bandiere del Regno delle Due Sicilie in contrada Scavata. Inoltre, su diversi muri del paese furono affissi cartelli con la scritta:
« Viva Francesco II, col perdono il popolo ravveduto lo aspetta. »
Come conseguenza di tali atti di ribellione, furono ordinati, dalle autorità liberali, perquisizioni domiciliari a tappeto, al fine di individuare e punire i responsabili.
Glossario:
- Principato Citra: Con capoluogo Salerno, era una antichissima provincia del Regno istituita nel 1273. Durante il Regno delle Due Sicilie, occupava, grossomodo, il territorio dell'odierna provincia di Salerno: nel 1861, infatti, il circondario di Montoro (Montoro Superiore, Montoro Inferiore) e il circondario di Calabritto (Caposele, Calabritto, Quaglietta, Senerchia) passarono alla provincia di Avellino.
- Guardia nazionale: era una forza armata sorta subito dopo l'Unità d'Italia, composta da elementi delle famiglie liberali ed utilizzata per mantenere il controllo dei comuni delle province meridionali e reprimere la resistenza dei briganti.
- Posto di guardia: sede dei militi della Guardia nazionale.
Fonte:
- Clodomiro Tarsia. Briganti Salernitani, Vol. 1 - Il Mattino. 18 ottobre 2011.
[bart]
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