Valli siciliani e giustizierati federiciani
Nel
XII secolo, l'affermazione degli Altavilla sugli altri casati Normanni e
la nascita del primo glorioso Regno di Sicilia, che univa sotto la
guida di Ruggero II i territori della Contea di Sicilia, dei Ducati di Puglia e Calabria, del Ducato di Napoli, del Principato di Capua e dell'Abruzzo (sottratto
al Ducato di Spoleto), originò una iniziale suddivisione amministrativa
dei territori continentali del regno, che venivano organizzati dalla
corona palermitana in tre "province": Apulia, Calabria e Terra di Lavoro.
I confini di questi distretti erano piuttosto labili e la loro
struttura amministrativa non era ben definita. Nel XIII secolo, con
Federico II, che già da tempo cercava di contenere il potere feudale a
favore di quello regio, si assiste all'istituzione dei giustizierati, ovvero distretti di giustizia imperiale governati da funzionari nominati dal sovrano, i giustizieri,
che rappresentavano l'autorità regia a livello provinciale. I
giustizierati federiciani rappresentano un punto fermo nella storia
amministrativa della Sicilia citeriore, poiché
è dall'evoluzione di questi distretti, che avverrà nel corso dei secoli
senza veri e propri stravolgimenti, che si struttureranno le attuali
regioni e province "meridionali". L'imperatore organizzò il regno in undici giustizierati: due insulari e nove peninsulari. La Sicilia, sin dall’epoca araba, era stata ripartita in tre valli (al maschile): il Val di Mazara, il Val di Noto ed il Val Demone. La parola Vallo deriva dal termine arabo Wilāya,
che, appunto, indicava ciascun distretto amministrativo arabo.
Federico, invece, stabilì che l’isola fosse amministrata da due
giustizieri: uno per la Sicilia occidentale (grossomodo il Val di
Mazara) e uno per la Sicilia orientale (grossomodo il Val di Noto e il
Valdemone). In sostanza, veniva individuato il fiume Salso quale confine
naturale tra le due parti dell’isola ed istituiti i due distretti
denominati: Justitiaratu Siciliae citra flumen Salsum e Justitiaratu Siciliae ultra flumen Salsum.
Geograficamente, comunque, l’antica tripartizione in valli non fu
abbandonata e riprese, in epoca successiva, ad avere valenza anche
amministrativa per essere definitivamente soppressa solo nel 1812. Sul
continente, invece, Federico II istituì i giustizierati di: Abruzzo (il grosso dell’Abruzzo e parte degli odierni Lazio e Marche), Basilicata (pressappoco la moderna Basilicata), Calabria (le moderne province di Reggio, Vibo e, in parte, Catanzaro), Valle di Crati e Terra Giordana (le moderne province di Cosenza, Crotone e, in parte, Catanzaro), Capitanata (grossomodo l’attuale provincia di Foggia e parte del Molise), Terra di Bari (province di Bari e Barletta – Andria – Trani), Terra d'Otranto (grossomodo la provincia di Lecce e le province di Taranto e Brindisi), Principato e Terra Beneventana (le province di Avellino, Benevento e Salerno) e Terra di Lavoro e Contado di Molise (le province di Napoli e Caserta, l’odierno Lazio meridionale e il grosso dell’attuale regione Molise e parte dell’Abruzzo).
Angioini ed Aragonesi
Nel 1273, con gli angioini, l'Abruzzo, considerato troppo esteso per essere ben governato, fu suddiviso in Aprutium ultra flumen Piscariae e Apriutium citra flumen Piscariae, ovvero Abruzzo Ultra (a nord e ad ovest) e Abruzzo Citra
(a sud-ovest). Il confine tra i due nuovi giustizierati era segnato dal
fiume Pescara. Allo stesso modo, il Principato e Terra Beneventana,
assumendo come confine i monti Picentini, fu suddiviso in Principatus ultra serras Montorii (Principato Ultra – grossomodo le province di Avellino e Benevento) e Principatus citra serras Montorii (Principato Citra
– la provincia di Salerno), ovvero Principato al di là delle montagne
di Montoro (a nord) e Principato al di qua delle montagne di Montoro (a
sud). Nel 1280, invece, importanti modifiche territoriali interessarono i
giustizierati calabresi. Il grosso della Terra Giordana (crotonese e catanzarese) fu staccato dalla Val di Crati (grossomodo la provincia di Cosenza) ed annesso al giustizierato di Calabria (che già comprendeva le province di Reggio, Vibo e parte dell’odierno catanzarese). Nel 1538, in epoca aragonese, il Contado del Molise fu separato dalla Terra di Lavoro e aggregato, dal punto di vista amministrativo, alla Capitanata,
rimanendovi legato fino alle riforme napoleoniche e murattiane del XIX
secolo. Infatti, sebbene non fosse infrequente che un solo giustiziere
amministrasse più province, va notato che il Molise (considerato un
giustizierato vero e proprio, con tanto di stemma, lasciato poi in
eredità alla moderna provincia di Campobasso), prima del 1806, non ebbe
mai una amministrazione autonoma, restando legato ora alla Terra di
Lavoro, ora alla Capitanata. In epoca aragonese, comunque, assistiamo ad
una prima rottura con l'organizzazione territoriale federiciana: la
figura del giustiziere viene sostituita con quella del funzionario regio, mentre i distretti territoriali del Regno di Napoli vengono chiamati più semplicemente province.
Un altro cambio terminologico interessa le province calabresi, che nel
XVI secolo, acquisiscono la definitiva denominazione di Calabria Citra (Calabria citra flumen Nhetum, per la parte settentrionale) e Calabria Ultra (Calabria ultra flumen Nhetum, per la parte centro-meridionale). Con l’assetto così raggiunto, le 12 province napolitane
(contando anche il Molise), seppur con diverse variazioni territoriali
(alcune, come quelle molisane, anche importanti), manterranno invariato
il loro numero e la loro denominazione fino alla riforma napoleonica del
1806.
Il decennio francese
Con la legge 132 del 1806 Sulla divisione ed amministrazione delle province del Regno, varata l'8 agosto di quell'anno, Giuseppe Bonaparte riformò la ripartizione territoriale del Regno di Napoli sulla base del modello francese e soppresse definitivamente
ciò che restava del sistema dei giustizierati. Negli anni successivi
(tra il 1806 ed il 1811), una serie di regi decreti completò il percorso
d'istituzione delle province con la specifica dei comuni che in esse
rientravano e la definizione dei limiti territoriali e delle
denominazioni di distretti e circondari in cui veniva suddivisa ciascuna
provincia. In particolare, la riforma amministrativa prevedeva l'istituzione di due nuove province e la separazione amministrativa tra Molise e Capitanata.
Nel
1806, dunque, l'Abruzzo Ulteriore viene scisso in due: Aquila resta
capoluogo della parte orientale della provincia, che assume la
denominazione di Abruzzo Ulteriore II; mentre Teramo viene elevata a città capoluogo della nuova provincia di Abruzzo Ulteriore I. Sempre con lo stesso intervento legislativo, viene istituita la Provincia di Napoli
per distacco dall'antica provincia di Terra di Lavoro (eccezion fatta
per i comuni di Gragnano, Lettere, Pimonte e Casole – oggi Casola di
Napoli – distaccati dalla provincia di Principato Citra). Per quasi
settecento anni, infatti, la città di Napoli era stata parte della Terra
di Lavoro, senza, però, esserne il capoluogo. È da ricordare, in ogni
caso, che la capitale del Regno di Napoli, in quanto tale, ebbe, prima
del 1806, un’amministrazione separata da quella della provincia di
appartenenza. La definizione dei confini nel processo di separazione
amministrativa tra Molise e Capitanata (con la prima che adottava -
novità assoluta - degli organi istituzionali indipendenti
dalla seconda) fu, invece, abbastanza farraginosa; tanto che solo il 4
maggio 1811, dopo il trasferimento del circondario di Larino, e, quindi,
anche di Termoli, dalla Capitanata, e del territorio di Petacciato e
del circondario di Agnone, dall'Abruzzo Citra, vennero definitivamente
individuate le delimitazioni della provincia, che raggiunse la
conformazione dell'attuale regione Molise.
Tra le altre innovazioni introdotte dai francesi vi fu anche la suddivisione delle province in successivi livelli amministrativi gerarchicamente dipendenti dal precedente. Al livello immediatamente successivo alla provincia individuiamo i distretti che, a loro volta, erano suddivisi in circondari. I circondari erano costituiti dai comuni, l'unità di base della struttura politico-amministrativa dello Stato moderno, ai quali potevano far capo i villaggi
(detti “rioni” in Calabria Citra, “ville” in Abruzzo e “casali” in
Campania), centri a carattere prevalentemente rurale. La riforma,
infatti, riguardò anche l’introduzione del concetto di ente comunale,
che si sostituiva a quello plurisecolare di “università” (Universitas) di origine longobarda.
La Costituzione siciliana
La Sicilia, che non fu occupata dai napoleonici, fu interessata, comunque, da una riforma amministrativa nel 1812, allorquando in occasione dell’abolizione della feudalità, della promulgazione della nuova Costituzione e di una radicale riforma degli apparati statali, fu abolita anche l'antica suddivisione amministrativa in Valli. Il territorio venne organizzato in 23 distretti, che furono delimitati seguendo i criteri stabiliti dallo studioso ed astronomo Giuseppe Piazzi, che tenne conto delle caratteristiche naturali, economiche e demografiche
delle varie zone dell'Isola. In particolare, si osservò che i confini
amministrativi dovevano ricalcare quelli fisici, come fiumi, monti e
valli; che i fiumi principali, impraticabili d'inverno, non dovessero
separare aree del medesimo distretto; che le città maggiormente popolate
e favorite da circostanze locali (quali una certa equidistanza dagli
altri centri del distretto o una più agevole raggiungibilità) dovessero
diventare i capoluoghi.
In seguito alla fusione della corona
napoletana con quella siciliana, che riunì le Due Sicilie in un unico
stato, Ferdinando I, con una legge varata l'11 ottobre 1817, riordinò la
ripartizione territoriale della Sicilia aggregando i distretti (divenuti 24, dopo l’istituzione del distretto di Acireale – avvenuta per scorporo dal distretto di Catania) in 7 province (o valli minori). I Reali Dominii al di là del Faro comprendevano le seguenti province: Provincia di Palermo, Provincia di Messina, Provincia di Catania, Provincia di Girgenti (Agrigento), Provincia di Noto (fino al 1837 Provincia di Siracusa), Provincia di Trapani, Provincia di Caltanissetta. Dunque anche le unità amministrative siciliane venivano strutturate in province, distretti, circondari, comuni e villaggi.
Le 22 province del Regno delle Due Sicilie
Sempre
nel 1817, entrò in vigore il nuovo assetto territoriale della Calabria:
fu stabilita, infatti, la divisione della Calabria Ulteriore (il cui
capoluogo era fissato in Monteleone, l'odierna Vibo) in due province: la
Calabria Ulteriore I (con capoluogo Reggio e corrispondente all'odierna provincia reggina) e la Calabria Ulteriore II
(con capoluogo Catanzaro e corrispondente alle odierne province di
Catanzaro, Vibo e Crotone). Con quest'ultimo intervento legislativo, il
territorio del glorioso Regno delle Due Sicilie risutava ripartito in 7 province per i Reali Dominii al di là del Faro e 15 province per i Reali Dominii al di qua del Faro.
L'invasione garibaldesca
Nel
1860, con l'invasione garibaldina e piemontese, le province napolitane e
siciliane vennero annesse al regno dei Savoia acquisendo l'informale
denominazione di province meridionali. Nel 1861, la
legge Rattazzi (legge sabauda del 1859) fu estesa a tutti i territori
conquistati e le province delle Due Sicilie furono strutturate sul modello imposto dal Piemonte e mutarono gradualmente la loro denominazione.
L'ultima provincia a cambiare nome fu la Provincia di Terra di Lavoro,
che sopravvisse con questa denominazione fino al 1927, quando Mussolini
ne decretò la soppressione trasferendo il suo territorio ad altre province (e, quindi, alle future regioni) e generando una frammentazione che dura ancora oggi.
AnTuDo
ANimus TUus DOminus
Il coraggio è il tuo signore
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