martedì 22 maggio 2012

Siracusa 1837

Dopo aver imperversato in Europa, nell'aprile del 1837, il colera si diffuse a Napoli e, nel successivo mese di giugno, in Sicilia. In quegli anni, anche nell'ambiente medico, erano assai poco chiare l'origine e le modalità di propagazione della malattia: "i medici erano divisi tra epidemisti e contagionisti". Secondo l'ipotesi del contagio, il colera si sarebbe propagato attraverso il miasma, descritto, dai medici che sostenevano tale tesi, come una "specie di fumetto", emesso dal malato, che, quindi, si propagava nell'ambiente, aggredendo e contagiando gli altri individui. La diffusione del colera in interi quartieri o città, invece, era spiegata, sempre dai contagionisti, con la propagazione, sul territorio, di una sorta di nuvola infetta, composta dalla somma dei miasmi di più individui. Un tentativo di confutare le tesi contagioniste fu fatto direttamente dal sovrano Ferdinando II. A Napoli, infatti, si erano verificati momenti di tensione dovuti alla fantasiosa teoria secondo la quale il "contagio" fosse causato da un veleno che era stato portato in città e diffuso attraverso il pane. Il sovrano, così, si recò a piedi nei vicoli della capitale "a stretto contatto con il suo popolo […] e mangiò con essi il calunniato pane".

Anche in Sicilia, attecchì l'ipotesi che il male sarebbe stato provocato da un veleno, ma la teoria fu abilmente sfruttata dai liberali per fini politici o per perseguire dei fini strettamente personali. Voci sediziose, intatti, approfittando di paure inconsce ed autosuggestione, diffusero la notizia che tale veleno sarebbe stato portato e diffuso dal governo borbonico. In conseguenza di ciò, si verificarono diversi tumulti in varie zone dell'isola; i più gravi si ebbero a Siracusa. Nella città aretusea, infatti, i disordini degenerarono in una vera e proprio caccia all'uomo: molti siracusani vennero accusati di essere degli "avvelenatori" e furono massacrati dai loro stessi concittadini; mentre le autorità comunali disposero l'arresto di altri sospettati ed istituirono una commissione di cittadini "probi e preparati" con il compito di giudicare gli accusati.

Cattedrale di Siracusa.


Tra i membri di tale commissione, vi era l'avvocato Mario Adorno, acceso carbonaro nel 1820 e tra i più tenaci propugnatori della teoria del veleno. Questi stese un lungo proclama da leggere alla cittadinanza radunata in piazza della Cattedrale. Nel documento, si confermava l'ipotesi dell'avvelenamento quale origine del colera e causa delle tante morti, specificando anche che la sostanza adoperata era il nitrato di arsenico. Il 21 luglio, il proclama fu controfirmato dal sindaco Pancali, acquisendo, così, valore di ufficialità. In conseguenza di ciò, il 24 luglio 1837, dalle autorità comunali, fu proclamato lo stato d'assedio, la polizia fu disarmata e fu disposto l'arresto delle autorità governative: le abitazioni di costoro furono saccheggiate dal popolo in rivolta, mentre gli stessi arrestati furono giustiziati in piazza della Cattedrale.

Su iniziativa di un gruppo di liberali, fu costituito un comitato di salute pubblica, che, in seguito, avrebbe dovuto trasformarsi in un vero e proprio governo provvisorio. Da un lato, infatti, i liberali, per ottenere consensi ed assicurarsi il sostegno popolare, richiedevano il ripristino di una entità statuale indipendente in Sicilia; dall'altro lato, gli stessi fomentatori della rivolta non nascondevano i loro veri intenti, tutt'altro che indipendentisti, inalberando il tricolore italiano. Sempre su iniziativa liberale, poi, venne diffuso un bando nel quale si sosteneva che a spargere il veleno nell'isola fossero stati i Borbone.

Nelle ore successive, arrivò, prontamente, la risposta governativa: il maresciallo Del Carretto fu inviato a Siracusa, al fine di ripristinare l'ordine pubblico. Giunto nella città aretusea, questi diffuse un bando rivolto alla cittadinanza in cui intimava i facinorosi a tornare nella legge e nell'ordine e dispose la formazione di diverse commissioni militari. L'azione del Del Carretto portò alla condanna alla pena capitale di ottanta individui, tra cui lo stesso Adorno, che in sede dibattimentale, si difese, argomentando per un'ora e mezza e ribadendo le sue convinzioni circa la tesi del veleno. Nei mesi successivi, con un Atto Sovrano, Ferdiando II amnistiò tutti i popolani che si erano lasciati coinvolgere nella rivolta, ma non concesse il real perdono ai capi politici e a coloro i quali si erano macchiati di "reati non politici" (furti, saccheggi, omicidi). Per costoro, le pene furono comunque ridotte, mentre per tutte le condanne a morte, l'esecuzione fu sospesa, poiché il sovrano volle che i singoli casi fossero sottoposti alla sua attenzione.

Approfittando della disperazione causata dalla tragedia del colera, il movimento liberale e filounitario, per perseguire i propri fini politici, aveva strumentalizzato la popolazione di Siracusa inducendola a commettere efferati delitti contro altri siracusani. Gli eventi del 1837 si possono configurare come un triste prologo alle vicende che, nel 1860, portarono alla conquista sabauda e all'inizio, per le nostre Terre, della attuale condizione di colonia.


  • Bibliografia:
Giacinto Libertini (a cura di), Raccolta Rassegna Storica dei Comuni, Frattamaggiore, Istituto di Studi Atellani, 2010, Volume 10 – Anni 1984-88.


AnTuDo
[Bart]

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