ARTICOLO TRATTO DA PANORAMA DEL 18 MARZO 2010 A PAGINA 155
RISORGIMENTO SOTTO ACCUSA
Le prime parole sono un pugno nello stomaco: «Io non sapevo che i piemontesi fecero al Sud quello che i nazisti fecero a Marzabotto. Ma tante volte, per anni. E cancellarono per sempre molti paesi in perazioni “antiterrorismo” come i marines in Iraq». E siamo solo agli inizi. «Ignoravo che in nome dell’unità azionale i fratelli d’Italia ebbero pure diritto al saccheggio delle città meridionali come i lanzichenecchi a Roma.
E che praticarono la tortura, come i marines ad Abu Ghraib, i francesi in Algeria, Pinochet in Cile».
È un atto di accusa a viso aperto Terroni. Tutto quello che è stato fatto perché gli italiani del Sud inventassero meridionali scritto dal giornalista Pino Aprile, in libreria a metà marzo per la Piemme. Un atto d’accusa di 300 pagine in stile brillante e tono acceso, che partendo dal Risorgimento entra come un
ariete nella polemica sui retroscena e i metodi con i quali fu portata a termine l’unificazione nazionale, di cui nel 2011 si celebrano i 150 anni.
Sul banco degli imputati la monarchia sabauda, la massoneria, l’Inghilterra e la mentalità di «quelli del Nord», con la violenza di ieri e i pregiudizi di oggi. Nell’aula immaginaria della storia, a chiedere giustizia,
la gente del Sud con le proprie ragioni e le aspettative tradite.
Fra gli uni e gli altri, Giuseppe Garibaldi e la spedizione dei Mille. «Ovunque si fermino» scrive Aprile prendono possesso delle migliori residenze: i proprietari, a volte, non troveranno più manco le posate. Quando Garibaldi si sistema nella reggia borbonica, i suoi la spogliano di qualsiasi cosa si possa vendere. Finiranno in fondo al Tirreno, con la nave sulla quale li trasportava Ippolito Nievo, 12 bauli di documenti sulla gestione dei quattrini razziati per l’impresa». Nel «sacco del Sud», dice Aprile, il tesoro sottratto al Regno di Napoli ebbe un costo: «443 milioni di lire-oro (dei 664 di tutta l’Italia messa insieme)».
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