La produzione italiana di petrolio rappresenta circa il 7% del consumo totale di petrolio in Italia, il rimanente 93% viene importato. Di questo 7% la maggior parte viene estratto nel Sud Italia,
portando rischi e conseguenze ambientali, ma anche scarse opportunita'
di lavoro e ridicoli guadagni sulle royalities, che tra altro sono le
piu' basse del mondo e nessun rientro agli enti locali o alle comunita'
dove si estrae il petrolio.Nel
Mezzogiorno il consumo reale di petrolio si agira in grosso modo
intorno al 16-17% del consumo totale di petrolio in Italia, se
ora facciamo due conti si scopre che se ipoteticamente si consumano
100x di petrolio in Italia, il Sud ha la sua parte di consumo intorno
ai 17x di petrolio, se ora al Sud ne produciamo 7x, quale è il bisogno
reale di importazione di petrolio per il Sud? Facile 7x/17x=41,2% è
quello che produciamo del consumo totale di petrolio per il Sud,
100%-41,2%=58,8%, il Sud se fosse nazione indipendente dovrebbe importare il 58,8% del suo fabbisogno di petrolio a confronto a l'Italia Unita che ne deve importare il 93%. A questo c'è da chierersi in maniera indignata chi CAZZO è il PARASSITA???
Questo
discorso l'hanno fatto i leghisti ma al contrario sulla produzione di
energia elettrica, infatti oggi siamo al federalismo energetico, almeno
quella parte che riguarda i consumi ed i costi energetici e nessuno
sembra averlo notato. L'art. 3 del Dl 185/08 2009, anche chiamato
"Decreto anticrisi" imposto con voto di fiducia alla fine di gennaio
2009, al comma 12 dice: "Entro 24 mesi dall'entrata in vigore del
presente decreto-legge, l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas,
su proposta del gestore della rete di trasmissione nazionale, suddivide
la rete rilevante in tre macro-zone."
In parole povere il
governo ha deciso di dividere in tre parti l'Italia anche dal punto di
vista energetico, cosa che porta alla differenziazione del sistema
delle tariffe, attualmente determinato dall'Authority nazionale
dell'energia elettrica, la quale stabilisce il prezzo unico in
bolletta, calcolandolo in base ai costi medi di generazione
dell'energia offerti dai grossisti alla borsa elettrica. In un colpo
solo il governo è riuscito a mettere a segno due obiettivi storici
privatizzazione e secessione: il prezzo dell'energia verrà calcolato
non più a livello nazionale ma indipendentemente nelle tre macro-aree, e
non più sulla base dei costi di generazione bensì sulla base dei
prezzi di vendita offerti dalle diverse aziende (art. 3 comma a). Anche
se il decreto parla di massimo 3 macro Aree (Nord, Centro e Sud)
con l'impellente federalismo fiscale si rischia no lo spezzettamento in
tre parti, ma la polverizzazione del sistema energetico: nella
migliore delle ipotesi le "macro-aree" saranno 20 quante sono le
regioni italiane, nella peggiore saranno quante le province, cosa che
chiedono una gran parte degli industriali del nord-est. Di certo c'è
che il Sud sarà gravemente penalizzato in quanto è noto che nelle
Regioni del Mezzogiorno il costo dell'energia e del gas è più alto a
causa della mancanza di efficaci infrastrutture energetiche di
sostegno: ancora oggi molte zone dell'Italia meridionale non sono
collegate alla rete nazionale mentre le perdite e le disfunzioni nella
distribuzione di energia e gas sono all'ordine del giorno, mentre il
sistema produttivo primario e secondario è al collasso. Al Sud il costo
è più alto anche perchè l'energia elettrica prodotta al Sud sale verso
il Nord mentre quella prodotta in eccesso nel Nord non viene trasferita
al Sud. C'è da tenere in mente che il fabbisogno elettrico del Sud
è di una massima di 4 miliardi di kilowattora al mese (cioè ca. 15% del totale nazionale).
Cosa sta per succedere lo si può quindi dedurre leggendo le attuali incredibili asimmetrie di prezzo registrate dalla Terna (il
gestore della rete di trasporto dell'energia): se il prezzo medio per
megawatt dell'energia elettrica in Italia è di ca. 115 euro, 1 megawatt di elettricità prodotto nel Settentrione costa ca. 107 euro, al
Centro e nel Meridione ca. 123 euro, in Sardegna 113 euro e in Sicilia
la stratosferica cifra di 171 euro, oltre 55 euro sopra la media
nazionale.
Un costo basso dell'energia elettrica e del
gas è di enorme importanza per lo sviluppo economico delle Sud, la
Sicilia, ad esempio, è destinata ad essere tagliata letteralmente fuori
dal sistema produttivo. Come potrà competere se solamente
l'approvvigionamento energetico costa circa un 45% in più del Nord?
Se
consideriamo l'aumento complessivo del 22,5% nel 2008, in definitiva
in Sicilia l'energia elettrica arriva a costare in un solo anno quasi
il 69% in più rispetto alla media nazionale dell'anno prima. Senza
considerare gli effetti sociali del provvedimento sulle condizioni di
vita delle masse popolari siciliane, già ridotte a stenti estremi, che
peggioreranno ulteriormente in quanto è facile prevedere che in Sicilia
ci saranno le bollette dell'energia più salate d'Italia. Il
provvedimento acquista quindi il sapore della beffa ed ha secondo me un
solo obbiettivo di abbassare il costo energetico per gli industriali
del Nord ed indirettamente anche per chi vive al Nord.
Perché la
Sicilia, a fronte di un basso consumo, esporta energia, ospita centrali
termoelettriche ed è attraversata dalla condotta di gas che viene
dall'Algeria ha i costi piu' alti d'Italia è per me un mistero. Il Sud
continentale complessivamente avra' la stessa penalizzazione come la
Sicilia ma no cosi estremamente ingiusta.
La beffa raddoppia per la Sicilia, oltre alla disuguaglianza nel trattamento economico,
sta nel fatto che la Sicilia deve fare i conti con i danni ambientali
dell'area petrolchimica, la devastazione del paesaggio, l'inquinamento
di acqua, aria e suolo. Dovrebbe essere il resto d'Italia ad essere in
debito energetico con la Sicilia! Lo stesso discorso vale anche per la
Lucania e per la Puglia in cui l'82% dell'energia prodotta, da
procedimenti industriali ad altissimo impatto ambientale con gravi
conseguenze sanitarie, è "devoluta" al "sistema-Paese". In generale
l'aumento delle bollette elettriche nel Sud diviene intollerabile se si
tiene conto della qualità dei servizi offerti: i valori medi di
continuità del servizio sono ben lontani da quelli del Nord dove la
media è di 2,6 interruzioni per utente all'anno (121 minuti persi per
utente), mentre al Sud la media sale a 5,4 interruzioni per utente
all'anno (270 minuti persi per utente).
Questi valori sono medie
ponderate che tengono conto del fatto che l'Enel serve sia territori
urbani che rurali; ma l'analisi di dettaglio mostra differenze
rilevanti anche tra le diverse zone urbane (1,4 interruzioni per utente
all'anno nelle aree urbane del Nord contro 2,8 interruzioni per utente
all'anno in quelle del Sud) o delle sole zone rurali (3,5 interruzioni
per utente all'anno nelle aree rurali del nord contro 7,6 interruzioni
per utente all'anno in quelle del Sud).
Mentre i governatori del
Mezzogiorno, compreso Nichi Vendola non hanno mosso un dito per
bloccare i mafio-leghisti secessionisti, a lanciare per tempo
l'allarme, inascoltato, è stato il segretario nazionale del Codacons
Francesco Tanasi, che alla vigilia dell'approvazione del provvedimento
si rivolgeva così ai parlamentari: "Deputati eletti in Sicilia: è
vostro obbligo morale e civile votare no al decreto che ridefinisce i
costi dell'elettricità in Italia secondo tre macroaree, a tutto
discapito della Sicilia". Si tratta "di un sopruso inaccettabile".
I nostri parlamentari, meridionali eletti dai meridionali si vendono il sangue della gente del Sud.
"Non
possono decidere così, arbitrariamente di favorire una parte del Paese
rispetto ad un'altra. Ed è invece quello che stanno facendo....".
Questo
ennesimo piano criminoso dei mafio-leghisti e della Confindustria che
il governo Berlusconi sta realizzando grazie alla connivenza ed
impotenza dell' opposizione, che tra altro neache essa fa un cazzo per
aiutare il Sud, inverte le storiche, ma fasulle priorità d'intervento
della politica economica italiana, la sedicente questione settentrionale
viene posta in primo piano e il Sud, che avrebbe bisogno di pagare un
prezzo più basso dell'energia per uscire dal sottosviluppo, è relegato
invece a sopportare il peso di coprire le perdite del Nord.
Antonio
Costato, vicepresidente della Confindustria per l'energia e il
mercato, presidente degli industriali di Rovigo, chiamato da Emma
Marcegaglia a rappresentare "il territorio più dinamico del Paese",
industriale del settore molitorio (settore molto energivoro), è colui
che ha macinato i nuovi piani energetici basati sulla devoluzione e la
privatizzazione, realizzati grazie all'asse Lombardo-Fitto-Calderoli.
Nelle intenzioni della Confindustria - ha detto - la devolution
energetica "deve avere l'effetto di un elettroshock". Le note riservate
di viale dell'Astronomia parlano chiaro. "Primo: al Nord si applicherà
il prezzo più basso. Secondo: al Sud e nelle Isole l'energia costerà
molto di più. Terzo: a quel punto l'esplosione dei prezzi al Sud non
passerà inosservata e chi vende energia nelle zone congestionate
difficilmente potrà praticare prezzi il 60-70 per cento più alti che
nel resto d'Italia" senza la protezione di quello che la Confindustria
chiama "lo schermo mimetico" garantito dal prezzo unico nazionale.
Estrema conseguenza: "Gli utenti, toccati nel portafoglio dal costo dei
no, faranno pressione sulle regioni perché si dia corso alla posa dei
cavi che la Terna ha pronti da anni". E non si tratta di cavi destinati
ad ammodernare la rete energetica, né di puntare sull'energia pulita e
rinnovabile, bensì di costringere gli enti locali ad accettare nuove,
obsolete ed inquinanti centrali termoelettriche, inceneritori,
rigassificatori, e perché no centrali nucleari per favorire il
saccheggio del territorio da parte dei costruttori e delle holding
nordiste ed internazionali dell'energia che lucrano ormai da ben 18 anni
sui famigerati e truffaldini incentivi statali "Cip6" e consimili.
Fonte varie e miei pensieri incazzosi
Luigi Ferrara
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